I probiotici non sono tutti uguali !

I probiotici non sono tutti uguali. Per questo è importante conoscere il ceppo di appartenenza, la quantità dei microrganismi per dose giornaliera e l’evidenza scientifica a supporto della loro resistenza all’acidità gastrica.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce i probiotici quei microorganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti nelle quantità necessarie, di esercitare funzioni benefiche. Un prodotto probiotico deve contenere organismi vivi ed essere accompagnato da evidenze scientifiche che ne attestino i benefici e la sicurezza per l’uomo.

Per essere chiamati “probiotici”, i microrganismi che possono essere utilizzati negli integratori alimentari devono possedere alcune caratteristiche:

  1. Essere usati tradizionalmente per integrare la microflora intestinale nell’uomo;
  2. Essere sicuri per l’impiego sull’uomo, ossia devono rispettare i criteri QPS (Presunzione Qualificata di Sicurezza) e non devono essere portatori di antibiotico-resistenza acquisita e/o trasmissibile;
  3. Essere attivi a livello intestinale in quantità tale da moltiplicarsi.

Attenzione: non tutti i ceppi sono uguali! Quelli con maggiori evidenze scientifiche e di conseguenza maggiormente utilizzati sono: i Lactobacillus (acidophilus, reuteri, rhamnosus, paracasei, delbrueckii subsp. bulgaricus, alivarius, casei, plantarum) e i Bifidobacterium (longum, bifidum, breve, infantis, animalis, lactis). L’attributo probiotico è stato però riconosciuto anche ai generi Streptococcus, Lactococcus e Propionibacterium. Sono state invece avanzate perplessità sui generi Bacillus ed Enterococcus. Per questo è necessario che il consumatore presti attenzione al contenuto del probiotico che sta acquistando.

Inoltre, bisognerebbe accertarsi che i microrganismi in questione resistano all’acidità gastrica, ai succhi pancreatici e ai sali biliari. I generi più resistenti ai sali biliari, grazie alla loro azione enzimatica, sono i Lactobacillus, i Bifidobacterium e gli Enterococcus (anche se questi ultimi sono da evitare secondo l’Istituto Superiore di Sanità in Italia). La resistenza del ceppo utilizzato è di vitale importanza. Infatti, se i batteri muoiono appena vengono a contatto con i fluidi gastrici e il loro pH estremamente acido, essi non porteranno alcun beneficio all’organismo. Risulta necessario che arrivino nell’intestino vitali in modo da colonizzarlo e ristabilire l’equilibrio della flora intestinale. In particolare, il genere Lactobacillus paracasei DG ha dimostrato di possedere un’azione positiva sul riequilibrio del microbiota intestinale; è in grado sia di modulare positivamente le popolazioni Clostridiales (effetti benefici anche sull’acido butirrico antiinfiammatorio) sia di avere effetti positivi su pazienti sani e con la IBS (sindrome dell’intestino irritabile).

Non bisogna confondere i probiotici con i fermenti lattici o i batteri che sono contenuti nello yogurt di latte, yogurt di soia o in altri alimenti. In genere vengono usati come sinonimi ma non lo sono. I fermenti lattici sono batteri in grado di produrre acido lattico partendo dalla fermentazione del lattosio. Di fatto, si tratta di alimenti che contengono microrganismi in grado di “digerire” il lattosio. A differenza dei probiotici, i fermenti lattici muoiono a contatto con i succhi gastrici e non si riproducono nell’intestino. Quindi, assumere un probiotico è diverso dal consumare uno yogurt o altri alimenti fermentati, anche se quest’ultimi possono aiutare a migliorare la digestione dei latticini, combattere stitichezza e diarrea, le complicanze gastrointestinali dell’influenza e il gonfiore addominale.

Un altro punto da considerare è il numero di microrganismi contenuti nell’integratore scelto. Infatti, il Ministero della Salute italiano ha asserito che, per portare benefici alla nostra flora intestinale, essi devono essere assunti nella quantità di almeno 109, ossia 1 miliardo di microrganismi per ceppo contenuto nella formulazione. Esistono restrizioni sul minimo di batteri necessari ma non sul massimo. Per questa ragione,  comunemente le persone pensano che “più sia meglio”. Questo non è necessariamente vero. Ciò che conta è la qualità dei microorganismi (come scritto precedentemente). Per questo, bisogna stare attenti ai numeri eccessivamente alti dichiarati sulle etichette, a volte fuorvianti.

I ceppi brevettati possiedono studi che accertano la stabilità genetica, l’acidofila (la capacità di resistere ai succhi gastrici) e la capacità di adesione alle pareti intestinali dei ceppi probiotici. I probiotici brevettati, nella maggior parte dei casi, sono quindi prodotti dalla qualità sperimentalmente verificata.

La presenza di fibre prebiotiche migliora la capacità di sopravvivere dei probiotici. Esse sono sostanze non digeribili contenute naturalmente in alcuni alimenti e promuovono la crescita di una o più specie batteriche utili allo sviluppo del microbiota. Inoltre, migliorano l’assorbimento di alcuni minerali (Calcio, Ferro e Magnesio), normalizzano le funzionalità intestinali e proteggono da infiammazioni e infezioni a carico dell’intestino e del colon. Le più utilizzate sono i beta-glucani, i fructani, gli frutto-oligosaccaridi (FOS), l’amido resistente e l’inulina. Per queste molteplici ragioni è dunque preferibile assumere un integratore simbiotico, ossia un mix di probiotici e prebiotici.