Omega 3, pesce e inquinamento marino

I pesci rappresentano un’ottima fonte di proteine di alta qualità e di acidi grassi polinsaturi a catena lunga della serie Omega 3. Tuttavia, la crescente presenza di inquinanti (mercurio, cadmio, piombo, arsenico) ne scoraggia spesso l’assunzione. In questo articolo forniamo degli utili suggerimenti nella scelta del pesce e degli integratori Omega 3.

I pesci rappresentano un’ottima fonte di proteine di alta qualità e di acidi grassi polinsaturi a catena lunga della serie Omega 3 (EPA e DHA). Inoltre, sono ricchi di minerali e oligoelementi come iodio, fosforo, calcio, rame, zinco, ferro e cobalto. Nel pesce ritroviamo buone quantità di vitamina A, vitamina D e vitamine del gruppo B. Le linee guida per una corretta alimentazione prevedono due o più porzioni di pesce a settimana. Purtroppo, solo un numero limitato di individui raggiunge il fabbisogno consigliato. Ciò spiega il grande successo degli integratori alimentari Omega 3.

Uno degli aspetti che più influenza questa carenza nutrizionale è la paura della presenza di inquinanti nei pesci. Molte attività industriali, agro-zootecniche e urbane riversano sostanze dannose nelle acque costiere, sia direttamente che indirettamente, tramite i bacini interni. Questo comporta un continuo incremento di scarti pericolosi nelle acque popolate dai pesci che, una volta pescati, ritroveremo sulle nostre tavole. Le sostanze che maggiormente possono accumularsi nel pesce sono:

  • Mercurio.  Un eccesso di metilmercurio è correlato ad un maggior rischio di sviluppare patologie cardiovascolari e neurologiche negli adulti. Inoltre, essendo in grado di attraversare la placenta, elevati livelli di mercurio espongono il feto al rischio di alterazioni nello sviluppo del sistema nervoso.
  • Cadmio. Una esposizione cronica al cadmio può portare a malattie renali e cardiovascolari, ipertensione, osteoporosi e alterazione della capacità riproduttiva nella donna. Questo metallo è anche in grado di passare dalla madre al neonato durante l’allattamento.
  • Piombo. Un’eccessiva ingestione di piombo può provocare avvelenamento (saturnismo) caratterizzato da disturbi quali coliche addominali, dolori articolari, anemia e disturbi nervosi. Inoltre, un’abbondanza di questo metallo può trasformare la secrezione dell’ormone luteinizzante (LH) , alterando la capacità riproduttiva della donna.
  • Arsenico. Esposizioni ripetute nel tempo possono provocare una mutazione nel colore della pelle, ipercheratosi, lesioni cutanee, tumori della pelle. Inoltre, aumenta il rischio di insorgenza del diabete, di malattie cardiovascolari e di tumore al polmone e alla vescica. Questa sostanza può provocare trasformazioni nello sviluppo fetale durante la gravidanza.
  • Interferenti endocrini. Sono sostanze che mimano l’azione degli ormoni naturali, alterando l’equilibrio endocrino dell’organismo. Gli ormoni, infatti, controllano tutti i processi del corpo tra cui l’accrescimento, il metabolismo, la capacità riproduttiva, la funzionalità del sistema nervoso e la regolazione dell’apparato cardio circolatorio. È quindi facile intuire il rischio che può derivare dalla mutazione della funzionalità ormonale ad opera degli interferenti endocrini.

Il processo di accumulo delle sostanze tossiche nei pesci è regolato dal fenomeno del “bioaccumulo”. I pesci predatori presentano livelli maggiori di questi elementi perché, via via che si nutrono, assumono anche la quota di sostanze tossiche che le loro prede avevano raccolto. Ecco spiegata la ragione per la quale si consiglia spesso di cibarsi prevalentemente di pesci di taglia piccola. Le persone maggiormente a rischio per la contaminazione del pesce sono le fasce più deboli (bambini, anziani, donne gravide), perché presentano sistemi di detossificazione meno efficienti, e la fascia di popolazione residente sulla costa, il cui consumo di pesce è superiore alla media.

Molti studi scientifici dimostrano che il beneficio di una dieta ricca di pesce supera i rischi che possono derivare dall’introduzione di contaminanti, peraltro limitati dai regolamenti nazionali ed europei. Alcune attenzioni possono aiutarci a ridurre al minimo il rischio, e quindi massimizzare il beneficio, del consumo di pesce.

  • Scegliere solo integratori di Omega 3 con pesce certificato (tipicamente GOED o IFOS) che garantiscono l’assenza di contaminanti e metalli pesanti dal pesce utilizzato per l’estrazione. Per verificare la bontà di un integratore di questo tipo, bisogna osservare anche la concentrazione, i dosaggi, il rapporto tra gli acidi grassi e l’utilizzo di conservanti.
  • Non consumare più di una porzione alla settimana di pesci predatori (pesce spada, tonno, squalo, verdesca, cernia, palombo, marlin, luccio), alternandoli con specie meno contaminate quali sardine, sgombri, branzini, orate, sogliole, trote, e molti altri. 
  • Il consumo di tonno in scatola è considerato più sicuro, perché i pesci utilizzati sono generalmente di più piccole dimensioni e quindi più giovani.
  • Le donne che hanno programmato una gravidanza, che sono gravide o in allattamento dovrebbero ulteriormente limitare, se non evitare, il consumo di pesci predatori.